
Sua Beatitudine Sviatoslav: «Dove arriva l’occupazione russa, la nostra Chiesa viene distrutta»
Nell’intervista a la Repubblica, Sua Beatitudine Sviatoslav parla della minaccia all’esistenza della Chiesa greco-cattolica nei territori occupati, delle preoccupazioni per i negoziati a Istanbul, del rischio di dimenticare i diritti umani nel dibattito sui territori e delle conseguenze della politicizzazione della guerra in Ucraina
Di una cosa Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk si dice sicuro: «Laddove arriverà l’occupazione russa, la nostra Chiesa sarà distrutta, su questo non c’è alcun dubbio». Sulle prospettive del vertice di Istanbul, invece, l’arcivescovo di Kyiv ha meno certezze: «Intanto dovremo vedere chi parteciperà. Poi sarà importante capire di cosa parleranno».
Cosa la preoccupa?
«Che trattino sui territori, sulla cessione delle terre rare e si dimentichino di noi, delle persone. Il dialogo è l’alternativa allo scontro armato, quindi è sempre benvenuto. Ed è chiaro che si deve negoziare, ma nessuno parla più del destino degli individui e dei diritti umani».
Vi sentite in pericolo?
«Lo siamo. Timothy Snyder, uno dei più grandi esperti della Shoah, ha esaminato le linee guida che la Russia ha fornito ai soldati per questa che loro chiamano operazione militare speciale: le ha definite un manifesto di genocidio, perché c’è scritto che l’Ucraina non esiste e chi si dice ucraino lo fa per ragioni ideologiche per cui va rieducato. E se non si piega va eliminato».
Myroslav Marynovych, vicerettore dell’Università Cattolica di Leopoli, ha parlato di «soluzione finale».
«È per questo che ci chiediamo: se nella trattativa dovessero esserci territori che restano sotto l’occupazione russa, chi assicurerà l’incolumità degli ucraini, in particolare dei giovani? E chi garantirà la libertà religiosa? Che fine faranno le nostre parrocchie?».
Teme di essere un bersaglio anche lei?
«Così dicono. Ero nella lista degli obiettivi e lo sono ancora. Ma tutta la nostra Chiesa è in pericolo».
Il cardinale Parolin ritiene prematuro un viaggio del Papa a Kyiv. Nell’udienza giubilare riservata alle Chiese orientali lei ha incontrato Leone XIV. Ne avete parlato?
«Glielo ha chiesto anche il presidente Zelensky. Sarebbe fondamentale, abbiamo bisogno della sua presenza».
Prevost ha detto che la Santa Sede è a disposizione per permettere ai nemici di guardarsi negli occhi. Pensa sia una possibilità?
«Il Vaticano ha sempre incoraggiato il dialogo. Ma è importante quello che ha detto il Pontefice: i conflitti — e nel nostro caso la questione ucraina — diventano spesso questioni politiche. Ma su questo piano si rischia di trovarsi al centro di uno scontro di natura diversa. Per esempio, negli Stati Uniti Trump dice che questa non è la sua guerra perché deve contestare quello che faceva il suo predecessore. E questo avviene anche in Italia: se diventiamo argomento da dibattito televisivo, l’odio e le divisioni finiranno col prevalere sulla questione umanitaria. Bisogna invece de-politicizzare il tema della guerra. Ora vedremo cosa succederà domenica prossima in Romania e in Polonia dove ci sono le elezioni presidenziali».
Col tempo potrebbe cambiare anche la posizione dell’Ue?
«Ciò che ci preoccupa è che non resti più nessuno a discutere del diritto internazionale. In Italia dite che la legge deve essere uguale per tutti, ma chi si impegna a farla rispettare? E soprattutto: chi resta a rivendicare il primato degli esseri umani rispetto alle questioni di geopolitica?».
A Kyiv come si vivono questi giorni, la prospettiva dei negoziati?
«Ogni volta che si parla di vertici tra potenti e trattative di pace sembra che la guerra si incattivisca, riprendono a intensificarsi i bombardamenti. È così anche adesso, la situazione sta peggiorando».
Cosa legge negli occhi della sua gente?
«Nonostante tutto c’è speranza. La vedo sui volti di chi difende il nostro Paese da tanti anni, in quelli dei soccorritori che intervengono dopo ogni attacco, dei genitori e degli educatori che non si arrendono in mezzo all’orrore».
Fonte: la Repubblica