
Omelia di Sua Beatitudine Sviatoslav nella festa di Metà Pentecoste durante il Giubileo delle Chiese Cattoliche Orientali
Eminenze, Beatitudini, Eccellenze,
Reverendi Confratelli nel Sacerdozio di Cristo,
Cari sorelle e fratelli in Cristo!
Χριστος ανεστη! Cristo è risorto! Христос Воскрес!
Tutti noi, fedeli delle Chiese Cattoliche Orientali, siamo giunti in questa basilica papale, presso la tomba dell’apostolo Pietro, come pellegrini della speranza! Con grande emozione e profonda commozione spirituale viviamo questo storico momento di grazia dello Spirito Santo. Questa grazia è anche il vissuto ecclesiale della Comunione, piena e visibile, delle antiche Chiese dell’Oriente Cristiano con il Successore di Pietro, una memoria fatta realtà, testimonianza e fedeltà pagata con il prezzo di sangue e lo slancio in preghiera per l’unità universale della Chiesa di Cristo!
Tutti siamo molto toccati dall’incontro con il neoeletto papa Leone. Ci siamo sentiti abbracciati dal Santo Padre, consolati nelle nostre sofferenze e angosce odierne, apprezzati nelle nostre tradizioni cristiane antiche e incoraggiati nella nostra missione evangelizzatrice che svolgiamo nel mondo contemporaneo.
Oggi è la festa bizantina di Metà Pentecoste, Mezza Pentecoste, Mesopentecoste (Μεσοπεντηκοστή in greco; Преполовенїе in slavo ecclesiastico). Il ritmo liturgico del tempo pasquale oggi ci indica letteralmente «la metà strada», il venticinquesimo giorno dopo Pasqua, e quindi il punto di metà strada del nostro cammino verso la Pentecoste. Non si conosce il momento esatto dell’istituzione di questa festa, e tutti i tentativi dagli studiosi nella ricerca delle sue origini non trovano conferma sicura prima della fine del IV secolo. Comunque, sembra che la festa sia molto più antica, e ha un legame con la tradizione ebraica.
Il Troparion di questo giorno di grazia esprime sentimenti più profondi di un umile pellegrino arrivato a mezzogiorno e in cerca di riparo e rinfresco: «A metà della festa, — cantiamo oggi, — disseta la mia anima assetata ai rivi della pietà. A tutti infatti, o Salvatore, hai gridato: Chi ha sete, venga a me e beva. O fonte della vita, o Cristo Dio, gloria a Te».
Quindi siamo tutti invitati oggi ad attingere dalla fonte della Vita in Cristo, di appagare la sete di verità e giustizia, di avvicinarsi in questa Divina Liturgia ai rivi di pietà per essere confermati nella nostra fede, riprendere il nostro cammino quotidiano della speranza e portare frutti nelle opere di carità.
Ma che cos’è questa sete dell’anima? Perché il nostro Salvatore grida oggi «venite a me»? Che cos’è questa acqua che può dissetare non solo il corpo ma soprattutto l’anima e farcì scoprire la fonte della nostra vita?
Di questo ci parla la Parola di Dio appena proclamata. «Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava. I Giudei ne erano stupiti e dicevano: ”Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?”. Gesù rispose: ”La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Chi vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se io parlo da me stesso” (Gv 7, 14–17). E’ importante qui osservare che questa dottrina di Gesù (η διδαχη) viene subito contrapposta a un semplice insegnamento umano (τα γραμματα) di quale parlano gli ascoltatoti abituati a sentire tanti maestri che volevano semplicemente far studiare i discepoli.
Gesù, che è annunciato a noi dall’evangelista Giovanni, non è semplicemente la fonte di una informazione, non ci invita solo di fare un percorso intellettuale e puramente teoretico per saperne di più. Gesù viene acclamato come la fonde della vita, vita eterna! Chi accetta questa dottrina fa l’esperienza di Dio vivente, conosce il Padre che ha mandato suo Figlio attraverso il compimento della sua volontà! Questa dottrina di Gesù, la sua parola è la vita stessa. Lui stesso ci spiega questa realtà: «In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita» (Gv 5, 24).
Contemplando oggi il nostro Salvatore come la fonte della vita, possiamo comprendere che la sete più profonda della nostra anima è nient’alto che innato desiderio, profondamente umano, di Dio. E solo Lui, il nostro Signore, è capace di dissetare «la mia anima assetata ai rivi della pietà». L’acqua viva, che zampilla da questa fonte, è nient’altro che lo Spirito Santo. Infatti, la Parola di Dio, che ci propone la Liturgia bizantina, d’ora in poi, partendo da questa festa di Mesopentecoste, costantemente ci parlerà dell’acqua e di sete, preparandoci alla festa di Discesa dello Spirito Santo nel solenne Giorno della Pentecoste.
San Basilio Magno, nel suo famoso libro Sullo Spirito Santo, ci ha insegnato, che il grido di Cristo «venite a me» è la chiamata alla fonte battesimale nella sua Chiesa, aperta a tutta l’umanità. «Già qui, — dice il Santo, — per mezzo dello Spirito Santo veniamo riammessi nel paradiso, possiamo salire nel regno dei celi, ritorniamo allo stato di adizione dei figli…, in breve, di vivere la pienezza della benedizione» (15, 35s).
Oggi noi, guidati dalla speranza cristiana, siamo presenti e partecipiamo a questo Giubileo della speranza affinché tutto quello che abbiamo ascoltato e creduto diventi la nostra realtà. Noi, fedeli delle Chiese Cattoliche Orientali, quasi tutti viviamo oggi una dolosa e tragica esperienza di guerra. Ci sembra di compiere la nostra vocazione di vivere da cristiani proprio sulla soglia tra la vita e la morte. Ma scopriamo ogni giorno dentro di noi, come il frutto della nostra nascita dall’acqua e lo Spirito nei Santi Misteri della Chiesa, un germe misterioso della vita immortale. La nostra famosa poetessa Lesya Ukrainka ha parlato di questa scoperta così: «Ні, я жива! Я буду вічно жити! Я в серці маю те, що не вмирає!» (No, sono viva! Vivrò in eterno! Nel cuore porto quello che non muore!).
Questo germe della vita eterna che già portiamo in noi, è proprio quello che noi chiamiamo l’oggetto della nostra speranza. San Basilio, citato sopra, ci assicura che questo germe si svilupperà al interno dei nostri cuori e aspetta solo la sua piena realizzazione. Lui ci dice: «Infatti se tale è il pegno, quale sarà il tesoro da possedere? E se le primizie sono già così abbondanti, quale sarà la misura completa quando tutto avrà raggiunto il traguardo finale?» (ibid.). Siamo pieni di fede e la speranza cristiana che non delude (Spes non cinfundit) che l’acqua dello Spirito di vita farà spegnere ogni fuoco di guerra e violenza, ogni fuoco di odio e di passini disordinati e fuoco di menzogna e ingiustizia!
La nostra fede in Dio Padre, la nostra speranza annunciata nel suo Foglio e l’amore rigenerante donatoci nello Spirito Santo sono il segreto della nostra misteriosa capacità di rinascere dopo ogni grande tribolazione e persecuzione, capacità di essere annunciatori della santità della vita nel regno odierno della morte. Essendo portatori dello Spirito del Gesù Risorto, di quale ci ha ricordato il papa Leone XIV, insieme al successore di Pietro dei nostri tempi, possiamo annunciare dalla cattedra più alta del mondo a tutti popoli: «Pace a voi»! Amen.
Cristo è risorto!
† SVIATOSLAV