
Omelia di Sua Beatitudine Sviatoslav in occasione del pellegrinaggio giubilare della Chiesa greco-cattolica ucraina alla tomba del santo apostolo Pietro
(Gv 19, 26)
Reverendi padri!
Reverende sorelle e fratelli nel monachesimo!
Cari pellegrini dall’Ucraina e da vari angoli del mondo che oggi siete giunti in questo pellegrinaggio della speranza qui, alla tomba del santo apostolo Pietro in Vaticano!
Cari fratelli e sorelle che pregate insieme a noi grazie al supporto dei mezzi di comunicazione e connessione!
Слава Ісусу Христу!
Glory to Jesus Christ!
Sia lodato Gesù Cristo!
Oggi la nostra Chiesa celebra una delle solennità più antiche della Chiesa di Kyiv: La compassione della Beata Vergine Maria (Madonna addolorata). La Parola del Vangelo (Gv 19, 25–27), che abbiamo appena ascoltato, è forse una delle più brevi lettura evangeliche, ma anche una delle più profonde e drammatiche; ascoltando la quale, nessun cuore umano, nemmeno il più indurito, può restare indifferente o distante. Giovanni descrive ciò che vide, ciò che ha vissuto come unico testimone presente tra gli apostoli. Vediamo il nostro Salvatore morire sulla croce, e ascoltiamo, probabilmente, le Sue ultime parole, mentre davanti a Lui si trova Sua Madre.
Immaginate questa scena: il figlio che muore sotto agli occhi della madre. Cosa stava succedendo nel cuore della madre di Dio, quando vedeva Suo figlio essere ucciso davanti ai suoi occhi? Nel momento in cui un uomo guarda direttamente in faccia alla morte, quando la spada del dolore trafigge il cuore nel profondo, fino alle ossa e al midollo, cadono tutte le maschere e vengono svelati tutti i segreti più nascosti del cuore umano. I testi liturgici di questa giornata spiegano che in questo modo veniva compiuta la profezia di Simeone il Giusto, che la Madre di Dio ascoltò nel giorno della Candelora: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione — e anche a te una spada trafiggerà l’anima — , affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2, 34–35)
Le parole: «Donna, ecco tuo figlio» (Gv 19,26), probabilmente erano le parole di Giovanni alla Vergine, che però sente che Cristo morente sulla croce fa proprie. Il Salvatore negli ultimi istanti pensa a noi. Nel Suo cuore si rivela l’amore divino. Egli si rivolge a sua Madre e al discepolo amato: «Donna, ecco tuo figlio». Cosa stava accadendo nel cuore di Giovanni mentre sentiva che la figliolanza di Dio, portata dal Figlio di Dio all’uomo, ora gli veniva donata sotto la croce? Lì, egli ritrova sua madre: la Madre Maria, che prende con sé.
Cosa significa la compassione? Come si può compatire il prossimo? Oggi questo mistero ci viene rivelato dalla figura della Beata Vergine Diva Maria. Per una Madre, il Figlio è parte del proprio essere. Essa è una Madre perché ha un Figlio. Quando sotto i suoi occhi il figlio viene ucciso, Lei sente di soffrire e di morire insieme a Lui. La Vergine compatisce insieme a Suo Figlio Divino, soffre come se il suo dolore fosse proprio e lo consegna nelle mani del Padre celeste, così come Cristo farà nel momento della morte. Ma Giovanni afferma che la passione e la morte di Cristo non hanno l’ultima parola. Dietro di noi e davanti a noi c’è la parola della speranza della risurrezione! Perché Cristo, pronunciando queste parole, pensava al futuro e a tutto quello che poi avrebbero vissuto la Madre, il discepolo e ciascuno di noi alla luce della Sua vittoria sulla sofferenza, sul peccato e sulla morte. Oggi, cari fratelli e sorelle in Cristo, quelle parole sono rivolte a ciascuno di noi! Il dolore della guerra trafigge il cuore di ognuno di noi come una spada, che lo vogliamo o no, mettendo a nudo i segreti più profondi del nostro animo. Cadono tutte le maschere, e si rivela la vera natura di ciascuno. Si svela come sono come cristiano, figlio o figlia dei miei genitori, della Chiesa e della Patria! Si manifesta ciò che sono come padre o madre, per i miei figli o per coloro affidati alla mia cura. La guerra rivela il senso e la forza della mia fede, della mia speranza e del mio amore!
Chiamati a questo pellegrinaggio — pellegrinaggio della speranza — da Papa Francesco di beata memoria, siamo giunti qui, in questo luogo, cercando davvero la speranza, e qui l’abbiamo ricevuta in modo straordinario. Stiamo pregando sull’altare più importante della Chiesa universale — la tomba dell’apostolo Pietro. Abbiamo ricevuto un privilegio particolare — Papa Leone è venuto a incontrarci personalmente. Egli ha detto: «Benvenuti a Roma». Il fatto che il Santo Padre sia venuto da noi, ci abbia non solo abbracciati, benedetti, ma anche rivolto a noi la sua parola — si è trasformato per noi in forza di speranza cristiana. Nel ringraziarlo, gli ho detto: «Santità, oggi in tanti vogliono rubarci il nostro nome. Vogliono dire che l’Ucraina e gli ucraini non esistono. Ma con le Sue parole, Papa Leone ci ha resi visibili agli occhi del mondo intero».
Siate consapevoli che tutto il mondo sta guardando voi, che così numerosi avete riempito questa basilica. E diciamo: siamo stati ieri, siamo oggi e saremo anche nel futuro! Il fatto stesso che questo pellegrinaggio sia stato reso possibile, rappresenta un’eccezione in assoluto. Nessun’altra Chiesa o popolo ha un simile pellegrinaggio in questo Anno Giubilare. Solo l’Ucraina e il Popolo ucraino hanno ottenuto questo privilegio — come segno di onore, di compassione del Papa stesso per il dolore e sofferenza dell’Ucraina. E oggi questo ce lo ha affermato lui personalmente.
Siamo venuti come pellegrini della speranza, ma ora sentiamo sulla nostra pelle questa forza invisibile dell’amore di Dio per l’uomo, dell’amore della Chiesa-madre per i suoi figli. Ritornando a casa, torneremo come testimoni della speranza, come testimoni di ciò «che abbiamo udito, che abbiamo visto con i nostri occhi, che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato: Il Verbo della vita», — come ha descritto l’evangelista Giovanni (Gv 1,1). Torniamo testimoni del Verbo che dà la vita, che si è fatta carne.
La Vergine Maria è un’icona della Chiesa di Cristo. Oggi la vostra Chiesa-madre compatisce con i propri figli. Il Santo Padre ancora una volta ha dichiarato la sua vicinanza alle sofferenze dell’Ucraina e della nostra Chiesa. La nostra speranza riceve forza dal fatto che il Papa stesso compatisce con noi, benedicendo e abbracciando in questa basilica le madri dei nostri eroi caduti.
Oggi viviamo un momento particolare: 50 anni fa, il Patriarca Josyf Slipyj, su questa stesso altare dell’apostolo Pietro, sempre nel contesto di un Anno Giubilare, proclamò liturgicamente per la prima volta davanti al mondo intero la dignità della nostra Chiesa. Oggi noi ci ritroviamo sullo stesso luogo e pronunciamo le stesse parole a tutto il mondo. Oggi, si celebra liturgicamente l’Assemblea patriarcale della nostra Chiesa! Molti ricorderanno che ogni 5 anni convochiamo l’Assemblea Patriarcale in Ucraina, e l’ultima sessione voleva essere organizzata per agosto 2020. Ostacoli di vario genere, inclusa la guerra, non lo hanno reso possibile. Oggi, nella Basilica di San Pietro, si è riunita la comunità ucraina mondiale. Sentiamo che la nostra Chiesa greco-cattolica ucraina, erede del Cristianesimo di Kyiv, è una Chiesa globale, che nella sua dimensione patriarcale raccoglie tutti i suoi figli dai diversi angoli della terra.
Viviamo il Sinodo nel contesto dell’Eucaristia, nella forza e nella grazia dello Spirito Santo, perché costruiamo l’unità. In un momento tragico, in cui la guerra ci disperde nel mondo intero, in cui i figli dell’Ucraina sono costretti ad abbandonare le loro case, la Chiesa raccoglie i dispersi, come ci insegnava il nostro grande patriarca Yosyf Slipyj. Saluto oggi la comunità ucraina mondiale: dal Nord e Sud America, dall’Australia, da vari paesi d’Europa, da tante parti d’Italia, da vari angoli dell’Ucraina, persino dalla Russia, dalla Bielorussia e dal Kazakistan. Ciò che stiamo vivendo è un momento di Dio!
Preghiamo: Dio, guarda il Tuo popolo! Oggi la madre-Chiesa ascolta da Cristo stesso: «Madre, ecco i tuoi figli e le tue figlie». Questo pellegrinaggio della speranza rende visibile, agli occhi del Santo Padre e di tutta la Chiesa universale, che la nostra madre-Chiesa sta sotto la croce del popolo ucraino crocifisso! Oggi Cristo è crocifisso nel corpo dei figli e delle figlie dell’Ucraina e, in questo momento solenne, insieme a Maria, la Chiesa compatisce con i suoi figli!
Mentre a noi, figli della Chiesa di Kyiv, il Cristo crocifisso dice: figli, ovunque voi siate, ecco vostra madre — la madre-Chiesa, che ha scelto come motto della sua Assemblea patriarcale le parole: «La tua Chiesa è sempre e ovunque con te». Oggi sentiamo che questa speranza ci dà le ali, ci guarisce, ci dà forza — la forza dell’amore del nostro Salvatore sofferente e risorto. La maternità della Beatissima Vergine Maria, rivelata nella maternità della nostra Chiesa, abbraccia gli ucraini ovunque si trovino, e con la forza della grazia dello Spirito Santo, guarisce le nostre ferite.
Preghiamo: Gesù, Beata Vergine Maria, che compatite con noi, donate la pace all’Ucraina. Concedeteci la grazia di tornare a casa come testimoni e annunciatori di questa speranza. E a Roma e al mondo intero, vogliamo nuovamente dire: L’Ucraina resiste! L’Ucraina combatte! L’Ucraina prega! Amen.
Sia lodato Gesù Cristo!