
L’omelia di Sua Beatitudine Sviatoslav nella Domenica di Tommaso a Roma
Venne Gesù, stette in mezzo
e disse loro: «Pace a voi!» (Gv 20,19).
Cari S. Ec. Borys e S. Em. Mykola!
Reverende Sorelle!
Reverendi padri!
Cari fratelli e sorelle in Cristo!
Cara comunità romana, parrocchiani della storica basilica di Santa Sofia a Roma!
Cristo è Risorto!
Oggi, nell’ottavo giorno dopo Pasqua, celebriamo un evento particolare — la festa della presenza di Cristo risorto in mezzo ai suoi discepoli. Il Vangelo (Gv 20, 19–31), che oggi ci dona Giovanni per il nostro ascolto e nutrimento spirituale, narra due episodi. La prima parte del racconto evangelico riguarda la sera stessa della Pasqua e viene letta nella Liturgia dei Vespri di quel giorno. La seconda parte, invece, ci parla degli eventi della domenica successiva — la domenica che stiamo vivendo oggi.
Se ascoltiamo con attenzione la Parola di Dio, scopriamo un momento molto importante. Solitamente, in questa domenica, la nostra attenzione si concentra sull’apostolo Tommaso: inizialmente assente e incredulo, poi presente e credente.
Tuttavia, oggi vi invito a guardare a questa Parola di Dio con occhi nuovi e ad ascoltarlo con un ascolto spirituale aperto. La figura dell’apostolo è solo una parte di un quadro più ampio della duplice manifestazione di Gesù risorto in mezzo ai suoi apostoli. Sappiamo che, nella Sacra Scrittura, ogni volta che una parola o un gesto si ripete, si sottolinea il messaggio principale del testo. Ebbene, oggi ascoltiamo tre volte Gesù rivolgersi ai suoi discepoli dicendo: «Pace a voi!». È proprio in queste parole che si trova la sorgente da cui tutto il resto scaturisce.
Ma che cosa significa davvero questo saluto?
Gli studiosi del testo sacro osservano che Giovanni, molto probabilmente, descrive in queste pagine una vera e propria Liturgia apostolica. Due volte viene narrato lo stesso gesto: Gesù si pone in mezzo ai discepoli e dice: «Pace a voi!». Come è noto, in tutte le Liturgie delle Chiese di tradizione apostolica questo gesto è presente e le celebrazioni iniziano proprio con queste parole. Chi partecipa con attenzione alla nostra Liturgia può contare quante volte il sacerdote, benedicendo i fedeli, proclama: «Pace a tutti!».
Queste parole «Pace a voi» appartengono alla forma tradizionale del saluto. «Shalom» («pace»), è ancora oggi un modo comune per salutare nel Popolo d’Israele. Tuttavia, il Cristo risorto, entrando dai discepoli a porte chiuse, dà a questo saluto un significato più profondo. La pace — lo Shalom — diventa il respiro stesso del Salvatore risorto. Cristo non si limita ad augurare la pace, come gli uomini augurano una buona giornata — non si limita a parlare di pace, ma Egli stesso è la Pace (cfr. Ef 2, 12–22). E questa pace, Egli la trasmette ai suoi discepoli!
Quella pace che Cristo dona dopo la risurrezione rappresenta la pienezza della vita umana nella risurrezione. Solo colui che ha compiuto il proprio cammino terreno in Dio, realizzando pienamente i suoi desideri più profondi, — respira in pienezza la vita eterna nella risurrezione e dimora nella pace.
Pregando per i defunti, noi chiediamo al Signore che conceda loro il riposo nella sua pace, nella sua quiete. Cristo respira questa pace. Possiamo dire anche di più, Egli invia i suoi discepoli a portare questa pace al mondo. La possibilità di respirare il respiro del Risorto che si effonde sull’umanità è la tradizione apostolica della Chiesa di Cristo. Così dice oggi il Salvatore ai suoi discepoli: «”Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”». E, detto questo, soffiò e disse loro: «”Ricevete lo Spirito Santo!”» (Gv 20, 21–22).
Quindi, ogni volta che, durante la Liturgia, ricevete la benedizione della pace o che chiedete una benedizione a un sacerdote o a un vescovo, è la vostra Chiesa che respira su di voi il respiro del Cristo risorto. Questo respiro porta all’uomo, di ogni tempo e di ogni popolo, quella pace tanto attesa che può venire soltanto da Dio. Dice Cristo: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv 14, 27). Perché la pace del Risorto non si trova da nessun’altra parte, né tra gli uomini, né nel mondo.
Soffermiamoci ora sulla figura dell’apostolo. Ascoltando il racconto evangelico, la testimonianza, la notizia sul fatto che Cristo è risorto, vediamo che: Tommaso non riesce a credere che può ricevere questa pace. È sopraffatto dalla paura, perché ha perso tutto. Avendo vissuto il terribile dramma della crocifissione e della morte del suo Maestro, l’apostolo non riesce più a credere che possa esserci altro. Come molti del suo tempo, egli credeva che la morte — fosse la fine assoluta, oltre la quale non esiste niente, ad eccezione del regno delle tenebre. Per poter credere che la pace di Dio sia vera e reale, Tommaso deve vedere il Salvatore risorto, incontrarlo e toccarlo. Vedere, in questo contesto, significa credere.
Anche noi, talvolta, incontrando una persona dopo tanto tempo siamo increduli e diciamo: «Non ti riconosco, sei cambiato (cambiata) tanto!». Qualcosa di simile accade nell’anima e nel cuore di questo discepolo. Egli poteva dire al Maestro: Maestro, non ti riconosco, sei cambiato — poiché ha sofferto, è morto ed è risorto, e porta nel suo corpo le ferite. Qui, riconoscere il Cristo risorto significa convertirsi, abbandonare le proprie idee su Dio. Credere — non è tanto accettare un’idea altrui o una realtà illusoria, quanto piuttosto essere capaci di vedere la realtà così com’è oggi. Credere significa toccare il Risorto, accogliere quella pace che Egli vuole donarci.
Per questo, oggi, in questi attimi, come allora a Gerusalemme, il Cristo risorto viene a voi. Egli ha inviato noi, vostri vescovi e sacerdoti, per essere la Sua immagine viva e visibile. Tutta la trasmissione della tradizione apostolica, che custodiamo come successori degli apostoli, non è altro che il respiro di Cristo che si effonde su di voi, per trasmettervi la Sua pace. A voi oggi è chiesto soltanto di credere che questa pace è reale, e di dire come fece l’apostolo Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!» (Gv 20, 28). Allora insieme potremo diventare portatori e costruttori di quella pace che tanto desideriamo nel nostro mondo pieno di guerre, di morte e di sofferenze. Per secoli i Padri e i Dottori della Chiesa, d’Oriente e d’Occidente, hanno sempre insegnato che la pace non nasce da compromessi o accordi che negano la dignità, la libertà e la giustizia all’umanità. Tali accordi, al contrario, generano nuove guerre. Soltanto quando ogni uomo apre se stesso e il prossimo alla possibilità di vivere pienamente, di realizzarsi nella pace di Cristo e di raggiungere la pienezza della vita in Dio, solo allora verranno quei «tempi di pace» per i quali incessantemente preghiamo nella Divina Liturgia.
Cari in Cristo, siamo ancora commossi dagli eventi di ieri. Abbiamo vissuto il funerale di Papa Francesco. Lì, in Piazza San Pietro, dove si è riunito il mondo intero, abbiamo sentito che il Cristo risorto è venuto da noi e ci ha detto: «Pace a voi!», e abbiamo percepito il Suo respiro di risurrezione, che si è diffuso anche sul Santo Padre defunto. Abbiamo affidato il Santo Padre Francesco nelle mani del nostro Salvatore risorto. Anche i canti della Chiesa latina, che abbiamo intonato, erano una preghiera: «E nella mia carne vedrò Dio, mio Salvatore» («Et in carne mea videbo Deum salvatorem meum», Responsorium CREDO QUOD REDEMPTOR MEUM VIVIT). Abbiamo consegnato Papa Francesco alla vita e alla risurrezione.
Ieri è avvenuto un altro evento significativo, di cui tutti parlano oggi. A quella comunità — alla quale il Cristo risorto si è presentato dicendo: «Pace a voi!» — si sono unite centinaia di migliaia di persone, giunte da ogni parte del mondo per il funerale. Durante la Liturgia, proprio di fronte a me, sedevano tre presidenti: degli Stati Uniti, della Francia e dell’Ucraina. È stato un momento unico vederli riuniti insieme durante la Celebrazione. Come è noto, prima di arrivare in Piazza San Pietro, i capi di Stato si erano incontrati per discutere della pace in Ucraina. Li guardavo e pregavo che i loro cuori andassero verso a Dio e verso l’Ucraina, che potessero vivere la stessa esperienza dell’apostolo Tommaso, che credessero che la pace — di cui tanto si parla — è davvero possibile, e che Cristo stesso desidera donarla loro, in presenza del Santo Padre defunto, della Chiesa universale e del Popolo di Dio.
Oggi noi preghiamo: Gesù, vieni da noi! Tu, che sei Risorto, ci hai chiamati oggi a Kyiv, Donetsk, Zaporizhzhia, Kharkiv, Odesa — in mezzo al regno della morte che la Russia sta commettendo — a respirare su questa terra il Tuo Spirito. Tu mandi noi — noi, che crediamo che Tu sei risorto dai morti — su quella terra martoriata, per dire ai nostri soldati, ai familiari dei caduti e persino a chi soffre oggi nelle prigioni: «Pace a voi!». Oggi nel mondo ci sono molte frontiere chiuse, prigioni, camere di tortura, tanta paura. Ma Cristo viene anche lì, attraverso le porte chiuse. Signore Gesù, vieni a noi, soffia su di noi il Tuo respiro di pace, benedicendo con lo stesso la nostra Ucraina tanto martoriata!
Questa domenica segna anche l’inizio di un periodo particolare. Secondo la tradizione della Chiesa di Roma, iniziamo la novena — nove giorni di preghiera — per Papa Francesco, che precede il Conclave dei cardinali. Invito tutta la nostra Chiesa a unirsi alla Chiesa di Roma nella preghiera per il Santo Padre defunto. E vi chiedo anche di pregare per i cardinali, a cui il Signore affida una grande responsabilità (e non solo un onore!): quella di riconoscere, nel Conclave, chi dovrà essere il nuovo Successore dell’apostolo Pietro, e di fare questa scelta ascoltando la propria coscienza, con lo sguardo rivolto al grande affresco del Giudizio Universale nella Cappella Sistina.
Oggi, qui, nella chiesa di Santa Sofia, vediamo un’icona viva della nostra Chiesa globale. Io sono arrivato da Kyiv come testimone. S.E. Metropolita Borys è arrivato da Filadelfia. E c’è anche il giovane vescovo Mykola, dall’Australia, che, come cardinale della Chiesa di Roma, parteciperà al Conclave.
Pregate per il S. Em. Mykola e per tutti coloro che dovranno affrontare questo difficile compito: essere annunciatori della pace per Roma, per l’Ucraina e per il mondo. Insieme, nella fede, siamo chiamati a riconoscere il Cristo risorto presente in mezzo a noi e a dire, come Tommaso: «Non un altro, non qualcosa di diverso, ma solo Tu, Gesù, sei il mio Signore e il mio Dio!». Amen.
Cristo è risorto!
† SVIATOSLAV