VIII. Il patriarca Josyf Slipyj (1892–1984)

Patriarca Josyph SlipyjPatriarca Josyph Slipyj

Josyf Slipyj è una delle figure più impressionanti della recente storia della Chiesa. Scienziato, teologo, capo di istituzioni accademiche, leader della Chiesa ucraina: egli era una personalità poliedrica.

Dopo essersi diplomato alla scuola elementare e al Gymnasium di Ternopil, Josyf Slipyj è entrato nel Seminario teologico di Leopoli nel 1911. Il metropolita Andrey Sheptytskyi, notando le capacità del giovane seminarista, dopo che quest’ultimo ebbe completato il suo secondo anno lo inviò all’Università di Innsbruck (Austria) dove ricevette la sua educazione classica e difese due tesi nel campo di teologia dogmatica.

Successivamente, p. Slipyi tornò in Galizia e iniziò la sua attività di ricerca e di pubblicazioni in ambito ecclesiale. La carriera del giovane intellettuale che parlava fluentemente sia le lingue classiche (greco antico e latino) sia quelle moderne (tedesco, polacco, francese, inglese, italiano) si sviluppò abbastanza rapidamente. Oltre a svolgere i doveri derivati dalla sua ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1917, egli si dedicò quasi interamente allo sviluppo degli istituti teologici della Chiesa greco-cattolica ucraina. Dopo tre anni di insegnamento, Sheptytskyi nominò padre Josyf Slipyj rettore del seminario di Leopoli. Successivamente divenne capo dell’Accademia teologica cattolica appena fondata. Padre Josyf Slipyj fu anche presidente della Società scientifica teologica e caporedattore della rivista “La Teologia”.

Gli istituti guidati da padre Josyf Slipyj erano tra i principali centri formativi non solo in ambito ecclesiastico ma anche per l’intera comunità ucraina della Galizia. Per molto tempo, Andrey Sheptytskyi ripose le sue speranze in modo particolare nell’Accademia teologica, che cercò di trasformare in una vera università dell’Europa occidentale per gli ucraini. Padre Josyf Slipyi era il suo rettore che doveva realizzare questo complesso e ambizioso progetto.

Gli eventi della seconda guerra mondiale apportarono adattamenti alla vita di padre Josyf Slipyi. Il metropolita Andrey Sheptytskyi, costretto per diversi anni alla sedia a rotelle, ricevette il permesso dal Papa Pio XII di consacrare il rettore Slipyi nel vescovato con il diritto di successione al trono metropolitano. La consacrazione episcopale ebbe luogo il 22 dicembre 1939 in una cappella privata delle Camere metropolitane con la partecipazione di due vescovi, Mykolai Chernetskyi e Nykyta Budka. Dopo il sequestro di Leopoli da parte delle truppe sovietiche e la morte di Sheptytskyi (1° novembre 1944), l’onere di governare la Chiesa nelle nuove condizioni politiche ricadde sulle spalle del vescovo, che fu però arrestato l’11 aprile 1945.

Durante l’indagine, durata per più di un anno, i bolscevichi cercarono di convincere il metropolita Josyf Slipyj a passare alla Chiesa ufficiale russa, ma lui lo rifiutò categoricamente. Successivamente fu dichiarato colpevole di tradimento dal tribunale militare ai sensi degli articoli 54-1 e 54-11 del codice penale della Repubblica socialista sovietica ucraina, e condannato a otto anni di lavori forzati nei Gulag.

In generale, il metropolita trascorse 18 anni in carceri, campi di lavoro sovietici ed esilio. I detenuti si riferivano a lui come ad una persona pronta ad andare fino in fondo per la propria fede. Nel 1953-1958, mentre si trovava in esilio nella Casa dei Disabili di Maklakovo, scrisse una storia multi-volume della Chiesa cattolica in Ucraina. Questo lavoro è una chiave importante per capire come il metropolita Josyf Slipyi vedeva l’identità della sua Chiesa.

Scrisse anche diverse lettere pastorali ai fedeli della Chiesa perseguitata. Il Metropolita era preoccupato per il futuro della Chiesa greco-cattolica, ragione per cui nei suoi messaggi era piuttosto severo verso coloro che - sotto la pressione di circostanze esterne e di autorità statali - erano passati alla Chiesa ortodossa russa, condannava il pseudoconcilio di Leopoli del 1946 che sanciva la pseudo-unione, in quanto tale Concilio non aveva nessun diritto canonico per proclamare l’unione con la Chiesa ortodossa russa, e invitava i caduti a tornare all’ovile della Chiesa greco-cattolica ucraina. Inoltre, scriveva regolarmente denunce e proteste alle istanze sovietiche superiori, sostenendo di essere stato ingiustamente condannato, chiedeva la propria liberazione dai campi, protestava contro tutti i tipi di diffamazione contro di lui e contro la sua Chiesa pubblicati sulla stampa sovietica, e cercava di ripristinare i diritti della Chiesa greco-cattolica ucraina.

Il metropolita Josyf, come molti altri rappresentanti del clero greco-cattolico, continuò per quanto possibile, la sua attività pastorale, svolgendo i servizi religiosi, frequentati non solo da greco-cattolici ma anche da ortodossi e protestanti, e celebrando battesimi e matrimoni. E anche se fu nuovamente arrestato nel 1958, il Metropolita non trascurava le sue responsabilità pastorali. Ordinò personalmente diversi sacerdoti nei campi di lavoro e, dopo la sua liberazione, prima di partire per Roma il 4 febbraio 1963, consacrò segretamente vescovo il sacerdote Vasyliy Velychkovskyi in una camera d’albergo di Mosca, assicurando così la continuità apostolica delle strutture della Chiesa greco-cattolica ucraina in clandestinità.

Incontro con Giovanni Paolo IIIncontro con Giovanni Paolo II Venuto a stabilirsi a Roma (1963–1984), il Metropolita Josyf Slipyj, in seguito arcivescovo supremo e cardinale, fece della questione di protezione della Chiesa una delle priorità della sua attività. Egli denunciò in varie sedi la persecuzione delle Chiese nell’Unione Sovietica e chiese un’azione più radicale per la difesa dei diritti dei credenti. La sua voce divenne una sorta di “appello alla coscienza” degli ambienti ecclesiali nel mondo libero.

Consolidare la vita ecclesiale dei greco-cattolici emigrati divenne un’altra priorità del Capo della Chiesa.

Nel 1963 egli fondò l’Università cattolica ucraina, che doveva consolidare le élite intellettuali ucraine all’estero. Sebbene questa istituzione non sia diventata un’università a pieno titolo, è stata un importante luogo d’incontro per i rappresentanti della diaspora ucraina, un importante centro culturale.

Il patriarca Josyf Slipyj cercò di rafforzare la struttura interna della Chiesa, lanciando un ambizioso progetto per elevare la Chiesa greco-cattolica ucraina al grado di patriarcato.

Ciò, in particolare, avrebbe garantito alla Chiesa i diritti autonomi necessari, che a loro volta avrebbero favorito il consolidamento confessionale.

Il patriarca promosse la preservazione dell’identità nazionale, il dialogo interecclesiale. Nel suo “Testamento”, egli attirò l’attenzione sull’eredità comune della tradizione cristiana di Kyiv come base per una futura comprensione reciproca. Allo stesso tempo, questo documento riflette la visione profetica del patriarca sulla propria Chiesa, la quale rinascerà nella sua terra natale dopo decenni di peregrinazione. Il patriarca Josyf Slipyj morì pochi anni prima della legalizzazione della Chiesa greco-cattolica in Ucraina.

Camera del Patriarca Josyph Slipyj a RomaCamera del Patriarca Josyph Slipyj a Roma

Nel settembre 1992, come aveva richiesto nel suo “Testamento”, Josyf Slipyj fu trasferito nella cripta della Cattedrale di San Giorgio a Leopoli, dove attualmente riposa insieme al suo predecessore, il metropolita Andrey Sheptytskyi.